Capitava spesso - e molto volentieri - che per le feste andassimo tutti a cena dai nonni, dove la maggior parte delle volte ci attendeva una tavolata con ogni ben di Dio.
Soprattutto quando eravamo in procinto di mangiare abbacchio, pollo, bistecche o qualsiasi altro tipo di povero macellato animale, mio nonno prendeva la parola e ci teneva ogni volta a ribadire che da bambino era stato molto
osservante: non solo non mangiava carne il venerdì - come Cristo
comanda - ma anche durante il resto della settimana.
Quand'ero piccolo ascoltavo con molta attenzione e ammirazione questa storia, immaginando chissà quanta devozione e fede da parte di mio nonno e della sua famiglia.
"Eravamo molto osservanti. Non mangiavamo mai carne" ripeteva.
Crescendo feci chiarezza sulla questione.
Mio nonno e la sua famiglia in quel periodo - parliamo degli anni Trenta del Novecento - abitavano in un palazzo molto vecchio il cui piano terra era occupato da una grande macelleria che aveva la vetrina proprio in prossimità del portone.
Quand'ero piccolo ascoltavo con molta attenzione e ammirazione questa storia, immaginando chissà quanta devozione e fede da parte di mio nonno e della sua famiglia.
"Eravamo molto osservanti. Non mangiavamo mai carne" ripeteva.
Crescendo feci chiarezza sulla questione.
Mio nonno e la sua famiglia in quel periodo - parliamo degli anni Trenta del Novecento - abitavano in un palazzo molto vecchio il cui piano terra era occupato da una grande macelleria che aveva la vetrina proprio in prossimità del portone.
Ogni volta che mio nonno e i suoi genitori tornavano a casa rimanevano quindi quasi immobili ad ammirare cotanti capolavori bovini, suini e di selvaggina: non potendoseli permettere se ne deliziavano solo visivamente, aumentando ogni volta le loro fantasie gastronomiche.
L'"osservanza" quindi - a questo punto dettata piuttosto dal portafoglio che dalla fede - era l'unica via possibile per non sprofondare nella grande depressione di quegli anni.
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